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Fabio -
Il lupo
C'era una volta un lupo che viveva nel suo branco. Il rapporto che lui aveva con gli altri lupi, non era per niente buono. Durante le battute di caccia c'erano sempre dei problemi, lui non riusciva mai ad essere all'altezza, e gli altri dopo la battuta non facevano che parlare delle sue gaff. Era un lupo ancora giovane, ma i suoi genitori non gli erano di aiuto, e i vecchi del branco che dovevano erudire i giovani nella caccia, non erano riusciti a coinvolgere il nostro protagonista. Stanco di sentirsi inferiore, e di esser anche visto inferiore, decise di far per conto suo. La possibilità era a portata di mano: le greggi dei pastori. La carne di agnello, lo faceva impazzire, dolce, tenera, calda perchè la divorava subito, prima ancora che i cani potessero raggiungerlo. Poi era facile catturare un agnello, il costo della fatica era minimo. Il suo comportamento urtava però gli altri componenti del branco, che erano sottoposti questa volta loro alle battute di caccia dei pastori e degli allevatori in generale, e quindi dovevano continuamente cambiare territorio di caccia, sconfinando in territori di altri branchi, che non vedevano di buon occhio queste intrusioni. Il nostro lupo allora fu definitivamente espulso, e a dire il vero a lui questa decisione non spiaqque. Inizia da questo momento la vita completamente solitaria del nostro carnivoro. Decise di fare come sempre aveva fatto, scegliere la strada più comoda, e più gustosa, quella degli assalti alle greggi, per potersi gustare la sua prelibatezza, la carne di agnello, anche se era consapevole del rischio che correva, e che in fondo, quell'abitudine era il prodotto del suo fallimento come lupo.
Capitava così che una volta i cani che erano alla guardia del gregge riuscirono a prenderlo prima che riuscisse a scappare, procurandogli delle brutte ferite. Capitava ancora che il pastore gli sparò, colpendolo di striscio, ferendolo e facendogli pigliare un bello spavento. Capitava anche che incontrava una bella lupacchiotta della quale si innamorava, ma dalla quale veniva lasciato, perchè non ritenuto in grado di mantenere una prole, dato il suo modo bislacco di procurare il cibo. Così, il senso di fallimento andava aumentando, e il nostro lupone iniziava anche a sentirsi depresso, un lupo solitario depresso, sempre triste, che iniziava a chiedersi che cosa ci faceva su questo mondo. Pensieri sempre più tristi gli giravano per la testa, pensieri che gli suggerivano di lasciarsi morire. Un giorno durante il suo girovagare senza meta, incontra un altro lupo solo come lui, un lupo però distinto e ben messo, e con il pelo bianco, era un lupo artico. I due fecero amicizia, il nostro gli raccontò quasi subito la sua storia che tanto lo angosciava, il lupo dal pelo candido lo ascoltò con grande interesse, e quando finì di parlare gli diede il suo parere: "caro amico, hai due zanne che sono due rasoi, sei ben messo, e se sei riuscito dalla tua terra ad arrivare fin quasi al polo, vuol dire che godi di salute sia fisica che mentale, devi soltanto tu, dimostrar a te stesso quel che sei capace di fare, e di conseguenza lo dimostrerai anche agli altri, fai le cose giuste che devi fare solo ed esclusivamente per te, vedrai che sarai anche tu un buon lupo, e credo anche migliore degli altri lupi, ma ricordati lo devi fare solo per te, e ci devi credere, vedrai che in questo modo non sbaglierai più." Il nostro amico lo aveva ascoltato con la bocca aperta che quasi gli si era congelata la saliva, in fondo le cose appena ascoltate le sapeva, ma dette da questo sconosciuto dal portamento nobile, lo colpirono, gli entrarono nel cuore. Fu come una magia, il lupo iniziò a sentirsi diverso, l'altro lo salutò, spiegò che era in perlustrazione alla ricerca di branchi di renne ( il nostro pensò a quanto era più grande una renna di un agnellino, e rimase senza fiato), e che adesso doveva tornare dal branco e lo salutò augurandogli buona fortuna. Quella sensazione di diversità era aria nuova per il suo morale, invertì la rotta, voleva tornare a casa, voleva tornare nel branco e fare il lupo vero!
Il Torneo
In un regno ai confini del mondo, governava e comandava un re annoiato e dai gusti sadici. La vita dei sudditi era comunque tranquilla, normale. Il re esprimeva il suo sadismo, con l'istituzione di un torneo, nel quale i partecipanti rischiavano gravi fratture, la vita addirittura. Rischiavano finanche di venir sbranati da bestie orrende. Questi animali vivevano nei territori selvaggi del regno, venivano catturati con grande sforzo di uomini e mezzi, e utilizzati per il giuoco. Fortunatamente ne esistevano pochi esemplari, la natura sembrava avesse voluto mettere un freno alla loro proliferazione, con una malattia genetica. Quaste bestie avevano il corpo di cavallo, le ali, al posto delle zampe artigli micidiali, e la testa di drago, erano completamente nere con gli occhi gialli. Erano chiamati dagli abitanti del regno " la Morte", per la loro ferocia nei confronti degli altri animali e dell'uomo. Il torneo istituito dal re consisteva nel cavalcare gli animali, e, dato che volavano, fargli compiere evoluzioni in volo. La pericolosità stava nel fatto che se il cavaliere veniva disarcionato cadendo si sarebbe procurato gravi lesioni e se per caso dal suo corpo fuoriusciva del sangue le bestie a quella vista sarebbero state incontrollabili, avventandosi sul corpo del poveretto e sbranandolo, con grande rischio anche per gli altri cavalieri, che avrebbero dovuto controllare animali impazziti, e sarebbero potuti essere a loro volta disarcionati e sbranati. A volte capitava che tutti i cavalieri, in genere 7, perdevano la vita. Ed era proprio in quelle circostanze che il re, sembrava divertirsi.
Per tenere in vita il crudele giuoco, da molti nel regno disapprovato, il re pagava molto bene i partecipanti, che venivano poi anche insigniti del titolo di cavaliere. Quindi c'era sempre qualcuno che chiedeva di poter parteciparvi, anche se, altro particolare crudele, una volta iscritti non ci sarebbe più stata la possibilità di recidere il contratto, pena la morte per impiccagione.
Heron un giovane abitante di un villaggio che viveva in una famiglia povera, decise di iscriversi al torneo per risolvere i suoi problemi. Un bel ragazzo, un ventenne forte, desideroso di cambiare vita, di ottenere risultati positivi in breve tempo. Era un bravo cavaliere, le sue esibizioni erano eccellenti, fu subito contento di quella scelta. Ma un giorno, un brutto giorno, durante l'esibizione un suo compagno cadde, e si trovò lui stesso in una situazione tremenda. " La morte" da lui cavalcata impazzì letteralmente alla vista del sangue, come tutte le altre. Heron fu l'unico che riuscì a non essere buttato a terra, vide con i suoi occhi i suoi compagni di esibizione venire orrendamente sbranati. Rimase scioccato. Non dormì per tanti giorni. Qualcosa dentro di lui cambiò, tanto da portarlo a Palazzo per chiedere al funzionario che lo aveva iscritto di poter esser esonerato, ma la risposta di questi fu: " Heron, faccio finta di non aver mai ricevuto questa richiesta, e tu sai perchè, esiste solo un modo per porre fine a tutto questo, e tu sai qual'è, ti auguro buona fortuna."
Duncan, era il cavaliere più anziano del torneo, il veterano, tutti in città non facevano altro che parlare di lui, gli uomini nelle osterie, le donne, era l'idolo dei bambini. Ma lui era stanco, voleva smettere, sapendo però che non poteva. Fuggire, l'unica soluzione, ma dove? Fuggire voleva dire lasciare il regno, e lui la sua terra non voleva abbandonarla. L'unica possibilità, per altro remota, poteva essere contattare il comitato anti-torneo, ben sapendo che dai suoi componenti, lui era giudicato " il cattivo esempio", e secondo Duncan il comitato di concreto non aveva mai fatto niente, solo chiacchere. Decise comunque di cercare il contatto. Un giorno, si recò nella foresta, camminò a lungo, quando si fermò nei pressi di un prato per riposare, si addormentò. Un branco di lupi, correva, in testa il capobranco, deciso, sicuro, dietro gli altri, sembravano contenti, fiduciosi.......Si svegliò, capì di aver sognato si accorse che a qualche metro da lui, un lupo lo stava fissando. Con uno scatto l'animale si girò e sparì nella foresta. Tornò in città, si recò alle stalle reali e chiese di entrare, voleva vedere la bestia che lui cavalcava. Gli animali venivan tenuti chiusi dentro gabbie robuste. Si avvicinò a quella della sua "bestia", questa quando lo vide si mise a sbuffare, pensando forse che era arrivata l'ora dell'esibizione. Duncan guardava l'animale orrendo, una specie, pensò, che di lì a qualche decina d'anni si sarebbe estinta, animali che volevano solo vivere, in libertà, e che la natura aveva creato, proprio come lui. E che ora proprio come lui, erano rinchiuse dentro a delle gabbie.........questi animali, i cavalieri de la morte, altro non erano che uno strumento per soddisfare il sadismo di un re annoiato.
Heron e Duncan si conoscievano. Un giorno si incontrarono e parlarono. Le esibizioni venivano svolte fuori dalle mura, in una cornice di dolci rilievi, prati verdi e sullo sfondo la foresta. Vi era anche un laghetto, un salvataggio era stato per cavalieri disarcionati che fortunatamente cadevano in quelle acque. Dall'incontro di Heron e Duncan nacque un piano. Ambedue desideravano la fine di quel giuoco, ambedue volevano smettere di praticarlo. Ritornando a fare quello che avevano sempre fatto con un'esperienza in più nella loro vita. Arrivò così il giorno del torneo, l'ultimo torneo. I cavalieri in groppa ai loro animali ( partcipavano solo loro due ), aspettavano il via: le tribune gremite, il re e i rappresentanti di corte in quella d'onore, suonò il via, le bestie partirono dapprima con uno scatto a terra con le 4 zampe alzando una nuvola di polvere, poi con un colpo di ali, il decollo. Il modo di volare degli animali era già di per sè composto da evoluzioni che poi venivano anche provocate, accentuate dai cavalieri. Questo era in fondo lo spettacolo, nient'altro. Se non appunto, cambiare completamente genere quando avveniva un disarcionamento, a quel punto il re pareva addirittura divertito. Il divertimento stupido e crudele di un uomo annoiato e sadico. Quel giorno sarebbe stato l'ultimo spettacolo: una freccia sibilò nell'aria proprio quando Heron e Duncan furono sopra il laghetto e si disarcionavano. La freccia colpì il re ad una spalla facendogli inevitabilmente fuoriuscire del sangue, il cui odore fu immediatamente percepito dagli animali rimasti senza cavaliere, che si avventarono sul povero re per sbranarlo, fu il pandemonio. Gli arcieri già centrarono gli animali in volo, ma questi giunti sulla tribuna riuscirono a colpire a morte il re, poi le guardie con le lance finirono quelle bestie impazzite.
I due cavalieri uscirono dalle acque del lago guardando quel che succedeva nelle tribune d'onore. Al re defunto, successe il figlio che pose fine al torneo, Duncan ed Heron tornarono alle loro vite, nelle osterie non si parlava più di loro, ma la gente li ricordò come persone che posero fine ad un incubo.
Il venditore di sogni
Un tempo, esisteva una nazione molto ricca, nella quale non mancava nulla, per ogni abitante esisteva pace e prosperità. Ma l’animo umano si sa, non è mai soddisfatto, qualcuno, questo lo sapeva………
Il venditore di sogni arrivava ogni venerdì, giorno di mercato, con un grande carro trainato da quattro splendidi cavalli bianchi, e due prosperose ragazze, una mora e l’altra bionda. Le due ragazze si occupavano della vendita ai clienti, lui, a divulgare i prodigiosi effetti, ad alta voce. Ogni venerdì, il numero dei clienti aumentava, lentamente, ma aumentava.
Il Governatore della città amava recarsi di tanto in tanto nelle piazze, nelle vie, anche le più anguste, e mischiarsi fra la gente, sua gente, come amava definirla. Era un uomo sulla cinquantina, molto energico, ex miliziano dell’ordine e maestro d’armi.
Ma anche studioso, studioso dell’animo umano. Passando un giorno per il mercato, notò la messainscena del Venditore. Tirò dritto, prendendo la strada del Palazzo. Arrivato in quel che era anche la sua casa, sentiva che c’era qualcosa che non andava. Di quel che aveva notato al mercato, qualcosa era fuori posto. Le parole di quel tizio, anche lui sulla cinquantina, alto magro, vestito di nero, “ farete sogni stupendi”, “vedrete quello che avete sempre sognato”, “la vostra vita diventerà un sogno”. Parole senza senso, per un prodotto che veniva venduto, e ricordando la fila dei clienti, che alcuni suoi cittadini acquistavano. Si cambiò di abito e tornò subito al mercato. Vestito da comune cittadino, si mise in fila per l’acquisto. Tornò a palazzo con la tanto reclamata boccettina. Chiamò la guardia, e le fece assaggiare il liquido. La guardia perplessa, conscia di fare da cavia ingurgitò la pozione, e ricevette l’ordine di tornare fra due ore. Ne passarono tre, quando il Governatore la mandò a cercare. Era sdraiata all’ombra di un tiglio, nel giardino del palazzo, stava dormendo. Raccomandò al capoposto di non prender provvedimenti, e parlò con la “cavia”. “ Signore, ad un tratto mi venne voglia di dormire, era come se non ne potessi fare a meno, ho fatto poi dei sogni meravigliosi, credevo di essere diventato un re, ero ricco e potente, le più belle donne facevano la gara per diventare mie compagne, era bellissimo”. Da quella esperienza il malcapitato si guadagnò tre giorni di ferie, e il Governatore, iniziava a preoccuparsi.
Il suo popolo non conosceva l’obblio, una grande nazione, costruita da un popolo sobrio, e tutto questo doveva continuare. Ricordava che da giovane, aveva prestato servizio militare in stato di guerra, una nazione alleata aveva chiesto truppe per una battaglia, e lui fu chiamato. Alla fine di ogni giornata i suoi alleati, amavano bere un liquido rosso, che all’inizio rendeva questi allegri, ma dopo un po’ di tempo spesso succedevano risse, o qualcuno cadeva da cavallo procurandosi fratture, si chiedeva allora che strano modo di riposare avevano i suoi compagni stranieri, ritenendo assurdo e controproducente quell’usanza. No, il suo popolo non usava bere alcol o usare droghe di qualsiasi tipo, ma ora, stava cambiando.
Decise di mettere fuorilegge il venditore, e lo volle fare subito.
Tornato di nuovo al mercato, del carro nessuna traccia, riconobbe per caso, una signora che comprò il prodotto insieme a lui, la volle interrogare. Scoprì così che la donna era ormai in balia della sostanza, procurandosela non solo in città, ma anche in altre città, seguendo l’itinerario settimanale del carro trainato dai quattro cavalli bianchi, e che altre persone erano nelle sue condizioni. Tutte persone che ormai spendevano le loro risorse per l’acquisto della boccettina. Si rese conto che un popolo che non conosceva il pericolo era vulnerabile, si rese conto, che la perfezione che pensava fosse stata trovata in quella nazione, era solo una illusione, come quella provocata da quel liquido, e anche lui si rese conto, come lo capì anche il venditore di sogni, che l’essere umano mai era contento, che in fondo era sempre debole, in balia di se stesso, in balia dei propri sogni.
Rinunciò all’idea di metterlo fuorilegge, pensò che tutto doveva avere un corso, generando esperienza, il suo popolo doveva decidere, quale fosse stata la strada migliore; seguir la ragione, o seguir l’illusione.
Da quel momento il consumo aumentava, ma non tutti di certo, parevano attratti. Avvennero incidenti, dei più svariati a causa di quel consumo, alcuni si ridussero sul lastrico, ma tanti si prodigavano per aiutare, tanti iniziarono a dissuadere i consumatori, le persone più forti aiutavano i più deboli.
Affacciato alla finestra del suo palazzo ormai vecchio e prossimo a passar le consegne, vedeva la sua gente imparare una lezione che di sicuro a loro mancava.