Cos'è una dipendenza? - Esci dalla trappola

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Cos'è una dipendenza?
Innanzitutto conviene fare una distinzione tra dipendenza patologica da sostanze e dipendenza patologica comportamentale. Nel primo caso "il bisogno anomalo" è sostenuto da una sostanza (la droga) che introdotta nell'organismo ne altera la funzionalità. Nel secondo ciò che produce piacere e induce alla reiterazione è un determinato comportamento o modo di essere. In entrambe le situazioni, ciò che sconfina nel patologico sono l'incapacità a "venirne fuori",  il progressivo deterioramento della salute (nei suoi vari aspetti biopsicosociali) e l'impoverimento globale dello stile di vita. Tutto quanto l'interesse della persona ruota attorno a questo anomalo attaccamento che lentamente, ma inesorabilmente, corrode i normali equilibri del piacere e, insieme ad essi, l'intera esistenza.

La disfunzione del piacere è il fulcro attorno al quale ruotano le malattie del piacere. All’inizio c’è soltanto il desiderio di un piacere nuovo, che spinge per essere sperimentato. Rotto il ghiaccio  il bisogno di gratificazione può evolvere in più direzioni: spegnersi definitivamente, spegnersi e riaccendersi occasionalmente oppure rimanere sempre vivo. Molteplici sono le variabili, individuali e ambientali,  che possono intervenire nell’orientare l’esperienza vissuta in un senso o nell’altro, ma il fatto saliente è che una volta innescato il processo patologico, dal desiderio si passa allo stato di necessità.  Il piacere sperimentato si trasforma in un bisogno insistente, assillante, incontenibile. Soddisfarlo diventa un pensiero fisso, ossessivo, un chiodo martellante nel cervello che impedisce di avere altri interessi, di pensare  alle altre gioie della vita. Persino i sogni e la fantasia ne sono invasi. E’ un bisogno chiaramente disfunzionale, monotematico, inutile, che non soddisfa mai fino in fondo e che  lascia sempre l’amaro in bocca, insieme alla voglia di ricominciare. Da ingegnoso sistema creato dall’evoluzione per educare gli istinti, il piacere perde ogni sua funzione trasformandosi in una costrizione senza fini e senza fine, una giostra impazzita che non diverte più e genera insoddisfazione.

Un secondo tratto distintivo nel profilo di questa malattia è la compulsione.  Col trascorrere del tempo la coscienza si ribella, rifiuta la schiavitù. Si genera un braccio di ferro persistente tra desiderio e ripudio, tra voglia e opposizione,  che genera stress,  toglie il respiro, nega anche la più piccola pausa di serenità. Quando la tensione è alle stelle si apre la valvola di sfogo della compulsione.  Come un fiume in piena, questa spinta imperiosa trascina l’individuo a compiere, con “urgenza improcrastinabile”, l’atto da cui si vuole liberare.  E’ soprattutto la  presenza  di quest’improvvisa e totale  perdita di controllo che allontana il problema dal semplice vizio e lo colloca sul piano della malattia. Si tratta di un impulso coercitivo, impellente, proveniente dal profondo, contro il quale  la volontà non può fare nulla.  Non è affatto un sintomo di astinenza, come potrebbe sembrare, visto che si ripresenta anche dopo lunghi intervalli (ben oltre i limiti classici dei sintomi da carenza). E’ un atto liberatorio che  affonda le sue radici nello stress conflittuale proprio di questa malattia.

Una terza cartteristica tipica della dipendenza è la crisi di astinenza. La sintomatologia astinenziale o da carenza si verifica anche in condizioni fisiologiche, quando si è nell’impossibilità di soddisfare quei bisogni che l’organismo riconosce come prioritari  (come per esempio la fame o la sete).  E’ il corpo che si ribella, che reclama le sue necessità. Come i morsi della sete e della fame anche quelli della dipendenza disturbano e mettono a disagio. I segnali del mancato adempimento sono sofferenze di varia natura:
- psicologica, interessanti la sfera psichica come il desiderio ossessivo (craving), l’ansia, l’irritabilità, l’instabilità umorale, la depressione, il malessere mentale;
- fisica, coinvolgenti organi e apparati corporei con sintomi fisici di entità variabile (dalla semplice stanchezza muscolare, lacrimazione o rinorrea, ai dolori  insopportabili, tremori, vomito e diarrea, tachicardia sino alle convulsioni).
Non tutte le dipendenze presentano gli stessi sintomi da privazione. In alcune prevalgono i segnali psicologici in altre quelli fisici, a dimostrazione che nel loro scatenamento intervengono  più componenti (tipo di sostanza, variabili individuali, stato psicofisico, presenza di patologie, ecc.). In ogni caso la comparsa  della crisi di astinenza, lieve o intensa che sia,  indica l’abnorme inserimento di un nuovo bisogno tra  i  bisogni essenziali per l’esistenza.   A questo punto  la dipendenza è parte dell’individuo,  dei suoi equilibri, dei suoi istinti  e lo guida in modo automatico per soddisfarla.

Ultimo tratto specifico della malattia  è la sua possibile espressione multiforme. Si tratta  di un connotato non sempre presente, ma che va sempre tenuto in considerazione per non finire in un vortice senza fine.  Stiamo parlando di manifestazioni patologiche che possono focalizzarsi su un unico oggetto di piacere (come il semplice  tabagista ), così come possono contemplare contemporaneamente più oggetti di piacere (esempio il soggetto che dipende sia dall’eroina che dalla cocaina) oppure  “sciftare” in sequenza da una forma all’altra (tipico l’esempio dell’eroinomane che smette di drogarsi e si da all’alcol).  La varietà espressiva della malattia porta a riflettere sul senso di molti interventi terapeutici tesi a tamponare esclusivamente  il sintomo senza occuparsi delle cause dello stesso. Può essere del tutto casuale che il problema si chiami fumo, alcol, droga o gioco.  Per questo, più che rincorrere farmaci efficaci per mitigare l’una o l’altra astinenza, è necessario riflettere un po’ di più sulle cause che spingono a cercare soluzioni nel piacere.

Sono le ore di
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